mercoledì 28 aprile 2010
Il Papa all'udienza generale ricorda due santi sacerdoti, Murialdo e Cottolengo, testimoni della carità (Radio Vaticana)
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Il Papa all'udienza generale ricorda due santi sacerdoti, Murialdo e Cottolengo, testimoni della carità
Due grandi sacerdoti dell’Ottocento, San Leonardo Murialdo e San Giuseppe Benedetto Cottolengo, sono stati oggi i protagonisti della catechesi di Benedetto XVI, all’udienza generale in Piazza San Pietro. Il Papa ha parlato della loro testimonianza cristiana in favore dei poveri e della coerenza del loro sacerdozio, ricordando in particolare del Murialdo i 110 anni dalla morte e i 40 dalla canonizzazione, e del Cottolengo il secondo centenario dell’ordinazione sacerdotale. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Due uomini della Provvidenza – creduta, servita e testimoniata – entrambi piemontesi ed entrambi in azione, con le loro opere di aiuto ai più poveri, nella Torino ottocentesca, quella di Don Bosco. Alle migliaia di persone in Piazza San Pietro, oggi illuminata da un bel sole, Benedetto XVI non ha nascosto la propria ammirazione per San Leonardo Murialdo e San Giuseppe Benedetto Cottolengo, definiti all’inizio della catechesi “due santi sacerdoti esemplari nella loro donazione a Dio e nella testimonianza della carità”.
Il Papa ha presentato per primo il Murialdo, scomparso esattamente 110 anni fa, il 30 marzo del 1900, e canonizzato da Paolo VI il 3 maggio di 40 anni fa. Torinese, ottavo figlio “di una famiglia semplice”, Leonardo ha un’ottima formazione cristiana, seguita da una crisi spirituale e da un nuovo, come lo chiamò, “ritorno alla luce”. Si fa sacerdote, conosce Don Bosco che lo mette a capo di un Oratorio, e matura – ha detto il Pontefice – una “profonda sensibilità sociale, educativa e apostolica”:
“Mi piace sottolineare che il nucleo centrale della spiritualità del Murialdo è la convinzione dell’amore misericordioso di Dio: un Padre sempre buono, paziente e generoso, che rivela la grandezza e l’immensità della sua misericordia con il perdono”.
Leonardo sarà sempre un uomo e un sacerdote “riconoscente” verso Dio, che un giorno mentre si trovava, scrisse, “nel fondo dell’abisso (…) là Dio venne a cercarmi” e là gli “fece intendere la sua voce”. Per questo, ha notato Benedetto XVI, visse “la serena consapevolezza del proprio limite”, accompagnandolo da un “impegno costante e generoso di conversione” e dalla piena coscienza della sua missione di sacerdote, quella di “salvare le anime”:
“San Leonardo ricordava sempre a se stesso e ai confratelli la responsabilità di una vita coerente con il sacramento ricevuto. Amore di Dio e amore a Dio: fu questa la sua forza, la forza del suo cammino di santità, la legge del suo sacerdozio, il significato più profondo del suo apostolato tra i giovani poveri e la fonte della sua preghiera”.
Se San Leonardo Murialdo si abbandonò “con fiducia alla Provvidenza” – sulla quale poggiò le basi della Congregazione di San Giuseppe, da lui fondata nel 1873 e dedita all’assistenza dell’infanzia abbandonata – altrettanto fece Giuseppe Benedetto Cottolengo, che alla Divina Provvidenza intitolò la sua “Piccola Casa” aperta ad ogni bisogno sociale e spirituale:
“Fu sempre pronto a seguire e a servire la Divina Provvidenza, mai ad interrogarla. Diceva: ‘Io sono un buono a nulla e non so neppure cosa mi faccio. La Divina Provvidenza però sa certamente ciò che vuole. A me tocca solo assecondarla. Avanti in Domino’. Per i suoi poveri e i più bisognosi, si definirà sempre ‘il manovale della Divina Provvidenza’”.
Ricordando che proprio domenica prossima, durante la sua visita pastorale a Torino in occasione dell’Ostensione della Sindone, avrà modo di incontrare alcuni ospiti della “Piccola Casa”, Benedetto XVI ha descritto l’episodio che in modo decisivo porterà il Cottolengo, fin lì apprezzato sacerdote ma “inquieto” sul suo futuro, a trasformarsi in un apostolo dei poveri. La domenica del 2 settembre 1827, arriva Torino da Milano una carrozza. A bordo c’è un’intera famiglia francese: un uomo con cinque figli e la moglie in avanzato stato di gravidanza e con la febbre alta. Le condizioni della donna, portata in un ricovero, peggiorano al punto che alcuni si mettono in cerca di un sacerdote. Ed è il Cottolengo ad incrociare quel dramma e ad assistere agli ultimi istanti di quella madre. La vicenda lo segna al punto da esclamare davanti al Santissimo: “Mio Dio, perché? Perché mi hai voluto testimone?”. E poi l’intuizione che lo porterà più tardi a creare una “sorta di villaggio” in cui accogliere i più bisognosi in una casa, in una famiglia:
“Volontari e volontarie, uomini e donne, religiosi e laici, uniti per affrontare e superare insieme le difficoltà che si presentavano. Ognuno in quella Piccola Casa della Divina Provvidenza aveva un compito preciso: chi lavorava, chi pregava, chi serviva, chi istruiva, chi amministrava. Sani e ammalati condividevano tutti lo stesso peso del quotidiano”.
Terminando il ritratto di questi due straordinari sacerdoti, il Papa ha ripetuto che entrambi trassero “sempre la radice profonda, la fonte inesauribile della loro azione nel rapporto con Dio, attingendo dal suo amore” e conservando questa “profonda convinzione” nel cuore:
“Non è possibile esercitare la carità senza vivere in Cristo e nella Chiesa. La loro intercessione e il loro esempio continuino ad illuminare il ministero di tanti sacerdoti che si spendono con generosità per Dio e per il gregge loro affidato, e aiutino ciascuno a donarsi con gioia e generosità a Dio e al prossimo”. (applausi)
Tra i numerosi saluti in lingua al termine dell’udienza generale, Benedetto XVI ne ha rivolto uno particolare in inglese alle delegazioni della Chiesa luterana norvegese e della Chiesa anglicana e al gruppo dei responsabili ebrei della “Pave the Way Foundation”, in visita in Vaticano.
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3 commenti:
Se qualcuno ha ascoltato la semplicità e la bellezza della catechesi, avrà potuto percepirne l'intensità e lo spirito del pastore. Altro che freddo teologo! Perchè non accostarsi senza pregiudizio e avere un po'di pazienza per ascoltare le Sue parole prima di emettere giudizi stereotipati e insensati?
perchè si fa prima, cara Laura quando si emettono giudizi stereotipati e insensati.Si fa prima, non si fa fatica e si bela beatamente nella massa.
Su "Il Fatto" un articolo di Flores D'Arcais che accusa senza mezzi termini il Papa di falsità. Terribile e astioso fino alla nausea, ma, conoscendo l'autore ... Maria Pia
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