giovedì 29 aprile 2010

Mons. Crociata: la Chiesa deve rispondere secondo lo stile di verità che le è proprio, ovvero secondo giustizia e misericordia (Sir)


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PEDOFILIA: MONS. CROCIATA (CEI), “RISPONDERE SECONDO LO STILE DI VERITÀ”

Ai casi di pedofilia, la Chiesa “deve rispondere secondo lo stile di verità che le è proprio, ovvero secondo giustizia e misericordia”. Ne è convinto mons. Mariano Crociata, segretario generale della Cei, che ha dedicato gran parte del suo intervento alla riunione della Commissione Presbiterale Italiana (Cpi) al tema che ha monopolizzato l’attenzione dei media nelle ultime settimane. “Ciò esige – ha spiegato - solidarietà e sostegno alle vittime, rigore e accompagnamento – nel rispetto delle leggi della Chiesa e dello Stato – verso chi si è reso responsabile di abusi, purificazione e penitenza al proprio interno, coraggio e rinnovato slancio nel condurre la propria missione”. La comunità cristiana, in tutto questo, “si trova in una posizione peculiare, poiché è doppiamente colpita e danneggiata nei suoi membri, sia offensori che vittime; ma è ferita anche nella sua immagine pubblica in ordine all’esercizio della sua missione pastorale”: di qui la necessità di affrontare questo momento “con coraggio e secondo verità”. “Non si deve aver paura di evidenziare e togliere il male di mezzo a noi, ma nello stesso tempo non si deve aver paura di annunciare il Vangelo”, ha ammonito il segretario generale della Cei: “Si può aver vergogna di se stessi, ma non del Vangelo. E per non vergognarci del Vangelo, dobbiamo adoperarci per aderirvi con il cuore e con la vita, con tutto di noi stessi”.
Secondo mons. Crociata, in caso di abusi bisogna distinguere tra “lo spazio della giustizia umana, la competenza delle scienze, il regime della grazia e il suo ordinamento ecclesiale”. “Giustizia, cura e grazia”: tutte e tre “sono necessarie, ma non possono surrogarsi, sostituirsi, compensarsi: la pena per il delitto non guarisce né dà il perdono, ma anche, all’inverso, il perdono del peccato non guarisce la malattia né adempie le esigenze della giustizia, così come la cura non può sostituire la pena né tanto meno rimettere il peccato”. Le indicazioni che vengono dalla Chiesa “vanno proprio nella direzione della armoniosa interazione fra i tre livelli”. “Al di là delle polemiche mediatiche”, l’auspicio è che “si sia capaci di suscitare la cooperazione necessaria a lenire, se non a guarire, ferite così profonde”. La vicenda della pedofilia, come indicato dal Papa, deve inoltre “costituire l’avvio di un percorso di purificazione e di rinnovamento profondo all’interno della Chiesa”, che richiede “una particolare diligenza nel discernimento vocazionale dei ministri e delle persone consacrate e nella loro preparazione e formazione”, ma anche “una elevata qualità umana, spirituale, intellettuale e pastorale” nell’esercizio del ministro. Per Crociata, infine, i preti sono chiamati a “fuggire dalla tentazione dell’individualismo e della chiusura nel privato”.
Né “estremizzazioni”, né “unilateralismi”. Questo, in sintesi, l’atteggiamento da tenere nei confronti dei “gravi e tristi episodi di pedofilia che hanno coinvolto alcuni ecclesiastici e hanno suscitato una vasta eco mediatica”. “Posto che un solo caso di pedofilia è già di troppo, in qualsiasi ambiente, un tale comportamento è doppiamente condannabile quando a metterlo in atto è un uomo di Chiesa, un prete, una persona consacrata”, ha affermato mons. Crociata. Per questo “non basta dire che, in proporzione numerica, i casi di pedofilia tra il clero sono uguali o addirittura inferiori a quelli che si verificano in altre categorie di persone. Non possiamo infatti sorprenderci se la reazione di fronte ad abusi commessi da ecclesiastici è stata così forte. Noi stessi siamo cultori della grandezza e della elevatezza del ministero che ci è stato affidato, e desideriamo diffondere questo senso di sacralità nei fedeli e attorno a noi: è comprensibile che chi ci incontra si aspetti dal sacerdote un comportamento corrispondente”. “La rabbia e l’amarezza – l’analisi del segretario generale della Cei - hanno un significativo rapporto con la consapevolezza dell’alta qualità morale e umana del clero, nonché con l’affidabilità maggiore da noi offerta e attesa dagli altri, particolarmente in rapporto ai minori consegnati alla nostra guida e alla nostra responsabilità educativa”.
In altre parole, “le aspettative più alte alimentate dal nostro ministero rendono smisuratamente più intollerabile e condannabile un tradimento così grave e devastante”. Nello stesso tempo, “ogni generalizzazione è indebita”, sia “nel far credere che in ogni prete si celi un potenziale pedofilo”, sia “nel supporre che le accuse di pedofilia siano soltanto il frutto di un complotto architettato contro la Chiesa”. “Il fatto che qualche giornale o gruppo di pressione abbia intentato una campagna denigratoria, prendendo spunto da alcune notizie, non può far concludere che si tratti soltanto di una montatura mediatica”, ha ammesso il vescovo, ma “l’emergere di casi puntuali non può dare adito a giudizi sommari, di per sé sempre superficiali”. È necessario, invece, “attenersi il più possibile ai fatti, senza lasciarsi sopraffare dal clamore delle notizie ad effetto né da un acritico garantismo, profondamente ingiusto rispetto alle vittime”, persone “da tutelare e da accompagnare”, che “hanno bisogno di giustizia e di solidarietà; necessitano di essere protette e difese e poi accompagnate in un lungo cammino di recupero e di riconciliazione anzitutto con la loro storia”. Dall’altra parte, “anche gli autori degli abusi vanno accompagnati, senza falsa pietà, in un percorso di correzione e di contenimento che impedisca la reiterazione del male e ne favorisca il processo di redenzione”.

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