martedì 22 giugno 2010

Il 24 giugno Benedetto XVI in visita al centro Don Orione di Monte Mario: Un'opera di carità sociale all'ombra della Madonnina (Osservatore Romano)


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Il 24 giugno Benedetto XVI in visita al centro Don Orione di Monte Mario

Un'opera di carità sociale all'ombra della Madonnina

di Flavio Peloso
Direttore generale della Piccola Opera
della Divina Provvidenza

La statua della Madonnina di Monte Mario torna a vegliare sulla città eterna dopo essere caduta, subendo gravi danni, a causa del violento temporale abbattutosi su Roma nella notte tra il 12 e il 13 di ottobre 2009. Benedetto XVI si recherà il 24 giugno a Monte Mario per un atto di devozione e per benedire la statua. L'evento corrisponde all'annuale festa del Papa, promossa da san Luigi Orione fin dagli anni Trenta, e alla conclusione del capitolo generale della congregazione orionina.
La storia della statua dorata di Maria Salus populi Romani, popolarmente chiamata "La Madonnina" - alta 9 metri e collocata su un piedistallo di 20 metri - è legata alle drammatiche vicende della seconda guerra mondiale. Fu innalzata nel 1953 per sciogliere un voto per il quale erano state raccolte più di un milione di firme.
I tristi e confusi eventi della guerra e la trepidazione per le sorti di Roma spinsero l'associazione Amici di Don Orione a promuovere il progetto di un voto alla Madonna per la salvezza della città dalla distruzione. L'iniziativa era nata dopo il secondo bombardamento di Roma, il 9 agosto 1943. Gli Amici di Don Orione si vollero impegnare a onorare degnamente la Madre di Dio con un rinnovato impegno di vita cristiana e con opere di carità e devozione, se Roma fosse stata risparmiata dalla guerra.
A quel tempo l'associazione si riuniva ogni mese nella chiesa di Santa Caterina in Magnanapoli, messa a disposizione dal vescovo castrense monsignor Angelo Bartolomasi. Il 12 marzo 1944, quarto anniversario della morte di don Orione, dopo la celebrazione eucaristica, il professor Riccardo Moretti propose l'idea del voto: "Sono tanti e tali i guai in cui ci dibattiamo - disse - che non v'è che un rimedio: ricorrere alla Madonna, come fece don Orione nel 1917, quando fece fare un voto al popolo a Tortona".
Per coinvolgere in questa iniziativa tutta la città, si rivolsero all'allora sostituto della Segreteria di Stato, monsignor Giovanni Battista Montini, amico di don Orione. Egli sostenne il proposito e consigliò di rivolgersi a padre Gilla Gremigni, decano dei parroci e assistente dell'Azione Cattolica, per organizzare il voto popolare alla Madonna. Pio xii fece propria l'iniziativa e, il 24 aprile dello stesso anno, esortò il popolo romano ad affidarsi a colei che era onorata col titolo di Salus populi Romani.
Due giorni dopo, gli Amici di Don Orione, che avevano la loro sede a Trastevere, in via Induno, trasformarono l'appello del Pontefice in una lettera, che fu stampata nell'istituto San Filippo Neri, sulla via Appia, e diffusa tramite allievi ed ex allievi in tutta la città. Così ricordava quei momenti don Gaetano Piccinini, che per diversi anni fu assistente degli Amici di Don Orione: "La scintilla partita da via Induno divenne fuoco nella parrocchia di Ognissanti, e vero incendio nei giorni successivi, ovunque. In poco più di un mese, un computo delle firme raccolte ne indicò un milione e centomila".
Nel frattempo, all'alba del 24 gennaio 1944, venne trasportata a Roma l'immagine della Madonna del Divino Amore, perché si temeva per la sua incolumità. Infatti, dopo lo sbarco delle truppe alleate a Nettuno, si era aperto un nuovo fronte alle porte di Roma. Dopo una breve peregrinazione, il 20 maggio l'immagine fu esposta stabilmente nella chiesa di Sant'Ignazio, dove poté ricevere l'omaggio e la devozione del popolo romano.
L'avvicinarsi del fronte rendeva la situazione sempre più critica. Per questo, alle 17 del 4 giugno, quando le sorti della città erano disperate, su indicazione di Pio xii, il camerlengo dei parroci, padre Gilla Gremigni, leggeva in Sant'Ignazio la formula della promessa per la salvezza di Roma che comprendeva due impegni: di ricondurre la propria vita a cristiana austerità di costumi e di contribuire alla fondazione di un'opera di religione e di carità, in modo che rimanesse nei secoli memoria della pietà riconoscente del popolo romano.
Alle 19 circa di quello stesso giorno, le truppe alleate cominciarono a entrare in città, senza trovare la minima resistenza da parte dei tedeschi che ne uscivano. Conferma don Piccinini: "Lo scambio degli eserciti, per misericordia di Maria e per l'opera del Papa avveniva senza che la città santa avesse menomamente a soffrirne. La promessa, pochi giorni appresso, verrà rinnovata con l'intervento del Santo Padre e ripetuta poi in tutte le parrocchie di Roma".
Rivolgendosi alla gran folla che il giorno dopo si era riunita spontaneamente in piazza San Pietro, alla stessa ora in cui era stato pronunciato il voto, il Papa subito attribuì la salvezza della città all'intervento della Madonna: "Roma, ieri ancora trepidante per la vita dei suoi figli e delle sue figlie, per la sorte di incomparabili tesori di religione e di cultura, con dinanzi agli occhi lo spettro terrificante della guerra e di inimmaginabili distruzioni, guarda oggi con nuova speranza e con rafforzata fiducia alla salvezza".
L'11 giugno successivo, lo stesso Pontefice volle recarsi personalmente a Sant'Ignazio per esprimere pubblicamente la sua riconoscenza alla Madonna del Divino Amore per la salvezza di Roma, e per impetrare la pace per l'Italia e il mondo.
Il voto, suscitato dagli Amici di Don Orione e sostenuto da monsignor Montini e dagli interventi appassionati di Pio xii, si era allargato a tutta la città di Roma ed era stato portato a compimento favorendo le opere di carità e di religione di don Umberto Terenzi al santuario della Madonna del Divino Amore. La congregazione di don Orione diede vita a una grande opera benefica per le vittime della guerra più innocenti e indifese, ossia un centro per orfani e mutilatini alla Camilluccia, su Monte Mario, negli edifici della ex Gioventù italiana del littorio.
Dopo le opere di carità, si pensò di porre anche un segno tangibile di riconoscenza alla Madre di Dio, una grande statua. Lo scultore Arrigo Minerbi, ebreo, in segno di gratitudine per la salvezza che gli era stata offerta dagli orionini a Roma negli anni della persecuzione, promise: "Datemi del rame e ve la farò io la statua". Nacque nell'associazione Amici di Don Orione una vera e propria gara per cercare il rame occorrente per la statua, che finalmente fu posta sul piedistallo il 3 aprile, sabato di Pasqua del 1953.
Visibile a gran parte della città, la statua della Madonna Salus populi Romani che s'innalza su Monte Mario è segno eloquente della materna intercessione di Maria per la città di Roma e dell'impegno che il popolo romano sancì "promettendo con fermezza di anima il rinnovamento dei costumi cristiani".
È facilmente immaginabile lo stupore e il dolore che colpì la città quando, il 13 ottobre 2009, non vide più la sua Madonnina perché caduta dal piedistallo. La gente si riversò al centro Don Orione. Autorità religiose e civili espressero la commozione e il desiderio di vederla presto restaurata e al suo posto.
Gli Amici di Don Orione ancora una volta si sono mobilitati. Determinante è stato il contributo dell'Associazione costruttori edili romani (Acer) che, unito alle offerte di altri donatori e di numerose persone, ha permesso un rapido e soddisfacente restauro a opera dell'équipe di Carlo Usai.
Il 24 giugno Benedetto XVI, rinnovando la partecipazione paterna del suo predecessore Pio xii, defensor civitatis, onorerà, benedicendola, l'immagine simbolo di fede, di trepidazione e di impegno cristiano e civile della città di Roma.

(©L'Osservatore Romano - 23 giugno 2010)

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