venerdì 2 luglio 2010

Dopodomani la visita del Papa a Sulmona. Tra gli appuntamenti, l'incontro con i detenuti. Intervista con il cappellano del carcere, padre Messori


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Dopodomani la visita di Benedetto XVI a Sulmona. Tra gli appuntamenti, l'incontro con i detenuti. Intervista con il cappellano del carcere, padre Messori

Domenica prossima, Benedetto XVI si recherà nella città abruzzese di Sulmona, per una visita di una giornata che sarà densa di appuntamenti e di significati. Il servizio della nostra inviata, Fausta Speranza:

Momenti centrali della visita del Papa a Sulmona saranno la Messa in Piazza Garibaldi, l’omaggio alle spoglie di Santo Pietro Celestino V nell’Anno giubilare celestiniano, l’incontro con i giovani e quello con una delegazione del carcere di Sulmona.
Momenti diversi che si nutrono della realtà di questa cittadina che da settembre scorso conserva nella sua cattedrale le spoglie del Papa eremita. Circa 700 anni fa, dopo cinque mesi di Pontificato, infatti, Celestino V rinunciava all’impegno sentendo di non poterlo conciliare con le sue scelte di umiltà e di eremo. Sono diversi i luoghi di culto legati a Celestino V in questa zona. Primo fra tutti, l’eremo conosciuto come “Eremo di Morrore”: prima di diventare Papa, l’eremita era conosciuto proprio come Pietro da Morrone. L’eremo, che prima era solo una grotta, è a poca distanza dal centro della città di Sulmona ma è ancora più vicino al carcere. Una costruzione moderna che colpisce arrivando dall’autostrada. Dalle finestre del carcere, in mezzo al verde della collina cattura subito lo sguardo. Vicino ad una di queste finestre, all’interno del carcere, abbiamo incontrato il direttore, Sergio Romice, che ci ha confidato l’emozione per il prossimo incontro con Benedetto XVI, ma non se l’è sentita di parlare ai nostri microfoni.

Vicino ad un’altra finestra, sempre con lo sguardo all’eremo, abbiamo incontrato padre Franco Messori, cappellano della casa di reclusione:

R. - Quando i detenuti vanno a passeggio vedono questa costruzione ed una delle domande che mi hanno fatto fin dall’inizio è: “Che cos’è questa casetta?”. Così ho la possibilità di spiegare qualcosa di San Celestino V.

D. - Oggi è una casetta, prima era una grotta. La spiritualità di Celestino V per questi carcerati?

R. - Parlare di spiritualità per i carcerati mi sembra veramente una sfida eccessiva, tuttavia è vero che recentemente il vescovo ha prodotto diversi scritti su San Pietro Celestino, delle riflessioni più che una documentazione, per aiutare la preparazione a questo centenario. C’è stato qualche detenuto che li ha letti volentieri. In particolare, ricordo un detenuto che mi ha detto che si ritrovava tanto in questo spirito di solitudine, di ricerca di Dio nella solitudine.

D. - Questo carcere è detto il “supercarcere”, all'interno del quale si sono purtroppo consumati anche alcuni suicidi. E’ noto perché ci sono carcerati ad alta vigilanza, presenze di mafia, lunghe detenzioni. Una realtà, dunque, difficile, di mancanza di libertà. Il vicario di Cristo porta la libertà di Cristo nell’incontro con la delegazione di questo carcere…

R. - L’incontro con il Santo Padre è un incontro quasi simbolico, perché saranno soltanto cinque detenuti, alcuni agenti, il direttore del carcere e il comandante degli agenti. E’, dunque, simbolico. Tuttavia ha un suo valore di annuncio di una salvezza che è per tutti e che la libertà è Gesù Cristo. In fondo, quello che è anche il compito del cappellano è annunciare a chi cerca la libertà che è Gesù Cristo che dà la libertà, anche se si è dentro al carcere, anche se la giustizia ritiene che uno debba stare lì. Ci si può stare, ma in libertà interiore.

D. - Una sfida grande e difficile per chi comunque vive l’oggi e in questo mondo?

R. - Indubbiamente, soprattutto per quelli che hanno una condanna all’ergastolo. Questo sentire parlare di libertà, in senso spirituale, non basta per loro. Ad alcuni che mi hanno posto la questione, ho dato risposta dicendo che comunque la legislazione prevede la possibilità anche per gli ergastolani della semilibertà e quindi la possibilità di arrivare a una liberazione più completa, pur rimanendo con una condanna all’ergastolo, e di poter vivere un'esperienza di libertà se hanno un ripensamento, se hanno manifestazione di prendere le distanze dal motivo per cui sono stati condannati all’ergastolo.

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1 commento:

mariateresa ha detto...

una prima risposta sul NCR e mi piace: si tratta di Winters che già in occasione della prima campagna del NYT se ne uscì con il fantastico "Vergogna sul NYT".

http://ncronline.org/blogs/distinctly-catholic/contra-nytimes
Guardate che l'articolo è fatto piuttosto bene e soprattutto ha il merito di dire fuori di dentiera: ma insomma avete la faccia tosta di fare la parte degli obiettivi giornalisti, ma vergognatevi (e andate a zappare).Tralasciamo l'argomento dei teologi della liberazione, veramente ridicolo.
Eppoi me li vedo questi reporter con la puzza sotto il naso e il vestito alla moda assieme al compagno Zapata. Me li vedo proprio.